Teatro municipale Giuseppe Verdi (Salerno)

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Il Teatro Municipale Giuseppe Verdi di Salerno è un teatro a struttura lignea dell'Ottocento, di tipo all'italiana e su pianta mistilinea (ovale raccordato al boccascena mediante due ali rette) con 71 palchi divisi in quattro ordini ed una galleria. Ha la fossa e una capienza di 610 posti.

Storia

Nel consiglio comunale del 15 dicembre 1863, all'indomani della nascita del Regno d'Italia, per volontà del neosindaco Matteo Luciani e grazie a fondi del governo centrale, furono avviati i lavori nell'area di Santa Teresa. Il vecchio progetto di Petrilli-De Luca fu rimpiazzato da una nuova ipotesi dell'ingegnere capo del genio civile Antonino D'Amora. I lavori iniziarono il 1º aprile 1864 con l'impresa di Vincenzo Fiorillo, a cui era stato confermato l'appalto, e diretti dallo stesso D'Amora e dall'architetto Giuseppe Menichini. Il nuovo progetto però mise in difficoltà economiche Fiorillo, che per contratto avrebbe dovuto accollarsi il costo delle varianti, costringendolo ad associarsi con due soci: Bonaventura della Monica e Antonio Avallone. Solo il 1º ottobre 1869 i locali furono consegnati a Fortunato e Gateano D'Agostino, che si aggiudicarono l'appalto per la parte decorativa. Dopo due anni e mezzo anche questi lavori furono completati e il 15 aprile 1872 il teatro fu inaugurato con il Rigoletto di Giuseppe Verdi. L'intitolazione a Verdi avvenne solo alla morte del compositore nel 1901. Dal 23 ottobre 2013 è annoverato tra i teatri italiani di tradizione.

Architettura

L'edificio concepito dal D'Amora è costituito da un corpo di fabbrica lungo 65 metri e largo 36 che presenta agli estremi corti due appendici simmetriche di 18x6.5, corrispondenti alla zona d'ingresso e al retropalco. Nelle facciate secondarie, il gioco chiaroscuro creato dei finestroni e da un loggiato a colonne disposto su due piani, riesce solo in parte ad attenuare l'eccessivo sviluppo longitudinale dell'edificio. Il prospetto frontale ripropone con linguaggio eclettico lo schema con positivo neoclassico del Teatro alla Scala di Milano e del San Carlo di Napoli. Attraverso tre porte in ferro corrispondenti agli archi del portico, si accede ad un articolato sistema di scale che confluiscono nel vestibolo principale, sopraelevato di circa tre metri sul livello stradale. Nella parete di fondo di questo vasto salone, suddiviso da coppie di colonne, si aprono altri tre vani: i due laterali immettono ad altre rampe di scale dirette ai palchi superiori ed alla Casina, quello centrale ad un secondo vestibolo di dimensioni minori antistante la platea. Pur riprendendo in scala ridotta la pianta a ferro di cavallo del San Carlo, la curva della platea, presenta una forma più allungata; un'altra particolarità è offerta dai camerini di servizio tra i palchi e i corridoi, introdotti, secondo quanto dichiarato dallo stesso progettista, per ottemperare ad una discutibile opinione del sindaco Luciani, il quale riteneva che «certi godimenti dovessero essere un privilegio di non molti».

L'aspetto più interessante è costituito dall'attrezzatura scenotecnica: un graticcio con i rocchetti per i tiri dei fondali e i tamburi per il sollevamento dei sipari, alcuni gruppi di tagli per lo scorrimento delle quinte e i relativi carrelli azionati dagli argani. Al di sotto della platea furono realizzati 18 magazzini da cedere in fitto. Un'area maggiore fu riservata agli ambienti necessari all'attività della Casina Sociale, sistemati su un doppio piano nella parte opposta del teatro. La casina sociale contribuì a caratterizzare la fisionomia del Verdi che fu uno degli ultimi esempi di teatro all'italiana.

Le decorazioni

I lavori di decorazione partono nell'ottobre del 1869. Gaetano D'Agostino, pittore e decoratore, si occupa della direzione di questi lavori e, consapevole dell'onore che la commessa avrebbe portato alla sua impresa, sceglie di farsi affiancare dalle firme più prestigiose del mondo accademico partenopeo. All'impresa partecipano: Domenico Morelli, Pasquale Di Criscito, Ignazio Perricci, Giuseppe Sciuti e folto gruppo di salernitani: suo fratello Antonio, il cugino Ermenegildo Caputo, Matteo Amendola e lo scultore Giovan Battista Amendola.

Il coro dell'opera e il coro delle voci bianche

Il Coro dell'Opera di Salerno fece il suo debutto nel 1997, in occasione dell'inaugurazione del teatro. Da allora il coro è divenuto parte fondamentale delle produzioni del Verdi. Nei suoi anni di attività ha sviluppato un vastissimo repertorio che si dipana lungo quattro secoli di storia dell'opera lirica, nonché comprende operette, oratori e composizioni sacre. Il coro è costituito per lo più da giovani salernitani e campani formatisi al Conservatorio Giuseppe Martucci di Salerno. Oggi il coro costituisce una presenza fondamentale in produzioni che vanno da la Messa da Requiem di Verdi alla Traviata, da Nabucco a Cavalleria Rusticana, da Tosca alla Norma, da La Bohème alla Carmen, fino alla Nona Sinfonia di Beethoven.

Il Coro delle voci bianche, invece, nato nel 2000 e diretto da Silivana Noschese, è costituito da circa 60 bambini di Salerno e della Provincia che si incontrano settimanalmente per dedicarsi allo studio della musica, della vocalità e del repertorio. Il coro ha partecipato a numerose manifestazioni distinguendosi anche fuori dalla realtà cittadina, nelle produzioni Hansel e Gretel e Carmina Burana al Teatro di San Carlo di Napoli.

Orchestra filarmonica salernitana Giuseppe Verdi

L'orchestra nasce nel 1997, con la riapertura del teatro Verdi dopo i lavori di restauro. Nel corso degli anni, la direzione dell'orchestra è stata affidata a direttori come Peter Maag, Janos Acs, Nicola Luisotti, Yoram David, Daniel Lipton, Donato Renzetti, Roberto Tolomelli, Paolo Arrivabeni, Massimo Pradella, Piero Bellugi, Yves Abel, David Garforth, Ralph Weikert, Miguel Gomez Martinez, Giampaolo Bisanti, Frédéric Chaslin, Antonio Pirolli, Antonino Fogliani, Kery Linn Wilson. Nel 2001 ha portato in scena il balletto Romeo e Giulietta di Sergej Sergeevič Prokof'ev, con la direzione di David Garforth e in seguito, nel corso della stagione 2004, si è particolarmente distinta nella rappresentazione de Il cappello di paglia di Firenze di Nino Rota e Vedova allegra con la regia di Gino Landi.


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